I luoghi della nascita e della morte della Banda della Magliana raccontati in un “tour” nel cuore di Roma

di Beatrice Nencha

La storia e i luoghi della Banda della Magliana sono ufficialmente patrimonio – anche turistico – della città di Roma.  Fuori dalle Aule di giustizia, lontano da Rebibbia e da piazzale Clodio, il nome di questa autoctona organizzazione criminale viene oggi (ri)evocato come un marchio di fabbrica, che suscita attrazione. Per le sue gesta criminali, entrate nell’immaginario collettivo popolare, oltre che per i suoi epigoni ancora in circolazione.

Quartiere della Magliana anni ’70

Prestigiosi angoli della Città Eterna sono diventati celebri (anche) per le scorrerie della più sanguinaria consorteria criminale, divenuta un’organizzazione egemone in tutti i quartieri della capitale. Quella “bandaccia” nata in sobborghi di periferie e case popolari, al confine tra Eur, Magliana, Trastevere e Testaccio, che dalle borgate ha scalato, mattone su mattone, il cuore di Roma. Dopo aver messo le mani su ville e palazzine gentilizie, ristoranti, ippodromi, bische e locali alla moda (come il Jackie O‘), arrivando ad occupare persino i sepolcri riservati ai Papi.

Per questo non deve sorprendere che proprio nella capitale, sulla scia di fortunati romanzi, film e serie tv (oltre che delle cronache giornalistiche e giudiziarie), sia nato un vero e proprio “pellegrinaggio” turistico nelle location che furono care a “Renatino”, “Er Negro”, “Crispino”, “Er Palletta”, “il Sardo” e a tanti altri. A ideare il percorso, con l’accattivante titolo di “La vera storia della Banda della Magliana”, è stata l’associazione ArsEditour, di cui è presidente la giovane Chiara Civitarese, che la scorsa domenica ci ha intrattenuto per oltre un’ora, con un selezionato gruppo di curiosi e appassisonati di “mala” romana, tutti muniti di audioguida per rivivere le gesta di questi ragazzi cresciuti con le tasche vuote e la pistola in pugno.

Punto di raccolta, l’ex residenza romana di Silvio Berlusconi, ovvero Palazzo Grazioli, situato tra palazzo Doria-Pamphili e palazzo Altieri. Un immobile del 500, acquistato nel 1824 dal commendatore Vincenzo Grazioli, il cui titolo nobiliare era di recente concessione ma che divenne presto la terza famiglia più ricca di Roma. Il tour prende le mosse da qui perché fu dopo il sequestro del duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, avvenuto il 7 novembre 1977 nella sua tenuta di campagna “Le Torrette” vicino a Settebagni, e culminato con il suo brutale assassinio, che si può datare la nascita ufficiale della Banda. Destinata, nel giro di un decennio, “a pijarse Roma”. Conquistando la capitale e allestendo una vera holding del crimine, finanziata da quel primo miliardo e mezzo di lire del riscatto, gestito col famoso metodo della “stecca para”, uguale per tutti i membri dell’organizzazione. In realtà, il primo sequestro della Banda fu quello ai danni di un gioielliere, Roberto Giansanti, sequestrato il 16 maggio 1977 e liberato 53 giorni dopo, previa richiesta (poi ridimensionata) di cinque miliardi di lire e di un inestimabile anello con rubino.

Franco Giuseppucci

Ideatore di entrambe i sequestri fu Franco Giuseppucci detto “Er Fornaretto”, perché “di giorno aiutava nella bottega del padre a Trastevere, mentre di sera faceva il buttafuori in una discoteca di Ostia”, ricorda la nostra guida. A “er Negro”, altro suo soprannome, spetta il ruolo di fondatore della Banda, poiché ebbe l’intuizione di unire più batterie sparse per la capitale. Dopo averne ricordato le origini, ci spostiamo all’unisono davanti all’imponente Chiesa del Gesù, che svetta tra via Caetani – altro luogo “nero” per eccellenza, dove il 16 marzo 1978 venne fatto ritrovare il cadavere di Aldo Moro nel portabagagli di una Renault rossa – e via delle Botteghe Oscure, il “Bottegone”, storica sede del Partito comunista italiano e poi dei Ds fino al 2000. Durante questa passeggiata evocativa di storie (rigorosamente noir), di scene di film & fiction e di pagine di bestseller (come “Ragazzi di malavita” di Giovanni Bianconi), sembra di entrare e uscire continuamente da un set. Quello della nostra (mala)storia più recente, e della Roma tinta di pennellate grigie e porpora. Le sfumature della polvere da sparo e del sangue incrostato sui marciapiedi della città negli anni cosiddetti “di Piombo”.

Domenico Balducci

Tappa successiva a piazza Campo de’ Fiori, all’ombra dell’enigmatica statua in bronzo di Giordano Bruno. Questa piazza tanto amata dai turisti di tutto il mondo è stata per anni il cuore dell’usura capitolina, con epicentro una piccola bottega di elettrodomestici gestita da un altro esponente del sottobosco malavitoso: Domenico Balducci detto “Memmo er Cravattaro”. All’ombra del Monte di Pietà, all’epoca il più grande circuito di riciclaggio dei proventi di ogni delitto, si aggiravano criminali del calibro di Pippo Calò, trait-d’union tra la Banda e Cosa Nostra, Danilo Abbruciati, Ernesto Diotallevi, Renatino De Pedis, Enrico Nicoletti e tanti altri attori “minori”, dediti allo strozzinaggio e all’usura. Due dei reati più diffusi, ancora oggi, anche se quasi invisibili sotto l’abbagliante cielo della capitale.

Un altro passaggio obbligato è percorrere la stretta via del Pellegrino, mentre Chiara continua nella sua affabulazione ricostruendo la personalità delle uniche donne che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della Banda. La prima è Fabiola Moretti, la “Donatella” di Romanzo Criminale, compagna di Danilo Abbruciati, detto “er Camaleonte”, e in seguito di Antonio Mancini soprannominato l’“Accattone”. L’altra è Sabrina Minardi, la volitiva e mondana “Patrizia” della serie-tv, sposata con il calciatore della Lazio Bruno Giordano e poi storica amante e complice dei crimini del “Dandy” Enrico De Pedis (tornata alla ribalta per alcune dichiarazioni shock sul rapimento di Emanuela Orlandi il 22 giugno 1983).

Omicidio De Pedis

In via del Pellegrino, davanti al civico 65, ci sembra di sentire ancora il rombo dello scooter da cui, il 2 febbraio del 1990, partirono quei colpi di pistola che lasciarono sull’asfalto l’allora 36enne boss trasteverino. Un omicidio in pieno giorno, a sangue freddo, il cui mandante fu ritenuto l’ex sodale Marcello Colafigli, il “Bufalo” della serie, per punire l’atteggiamento arrogante di “Renatino”, che non divideva più i proventi delle attività illecite con i suoi vecchi sodali carcerati e i loro familiari.

Dopo aver attraversato la maestosa piazza Navona, l’ultima tappa del tour non può che consumarsi in piazza di Sant’Apollinare. Nella cripta della basilica, fondata da papa Adriano I intorno al 780 su preesistenze di epoca romana, fino al 2012 sono state conservate, al riparo da occhi indiscreti, proprio le spoglie del “re di Roma”, Enrico De Pedis. Custodite in un sarcofago con il suo soprannome incastonato tra zaffiri, accanto alle salme di Papi e illustri porporati. La sua sepoltura in questa prestigiosa dimora fu autorizzata – in deroga al diritto canonico – dal Vicariato di Roma. Incredibilmente, il rettore della basilica monsignor Piero Vergari attestò in una lettera del 6 marzo 1990 che il celebre criminale fu, in vita, “un benefattore dei poveri” che frequentavano la basilica. Con questo ultimo mistero, che evoca patti oscuri tra uno dei boss più feroci della malavita romana e influenti rappresentanti della gerarchia ecclesiastica, ci congediamo dal tour e dai “luoghi simbolo” della Banda nel cuore di Roma. In quel centro storico ricco di vestigia millenarie e locali di lusso che – visto attraverso gli occhi di ragazzi cresciuti nelle borgate più malfamate – doveva rappresentare il simbolo di una gloria eterna. Per alcuni di loro, al contrario, si rivelerà solo sangue sull’asfalto.

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