AAA Cercasi discontinuità con il passato. La commissione Orlandi-Gregori deve partire!!

di Alessandro Ambrosini

L’estate sembra aver creato un buco spazio temporale sul caso Orlandi. Sembrano passati anni da quando ricorreva il quarantennale della scomparsa di Emanuela. Quando i giornali e le tv facevano a gara per poter dire qualcosa, per accendere o spegnere ogni sorta di “pista”. Quando le case editrici non potevano esimersi di avere in catalogo un libro sull’argomento, fatto bene o male. Ma dovevano esserci negli scaffali. Ogni soffio di vento era una notizia.

Oggi, sembra tutto lontano, sopito, dimenticato. Sembra un teatro dismesso, con le foto degli attori ingiallite, con il pathos che ancora aleggia nell’aria. Con i manifesti dell’ultimo spettacolo alle pareti, afflosciati su stessi come un fiore che sta morendo. Sembrano lontane le  parole di Pietro e di Natalina, le invettive dell’avvocato Sgrò, i suggerimenti non richiesti al Senato del Promotore di giustizia Diddi, il ricordo di Emanuela nelle parole di Papa Francesco, gli endorsement politici a fisarmonica, buoni solo quando le inchieste non fanno troppo male, quando non scomodano i Santi. Sembrano lontani, e lo sono, i giornalisti telecomandati per diluire delle verità, per sporcarle, per deviarle.

Sembra passato un secolo. E sono solo passati tre mesi, nella realtà. Un periodo brevissimo, di attesa, di speranza. Forse l’ultima per riuscire a dipanare una matassa con troppi fili. Una matassa che è nelle mani del Senato, che deve dare il via a una commissione parlamentare moralmente dovuta da questo Stato alla famiglia Orlandi, alla famiglia Gregori e agli italiani. Una proposta nata e sviluppatasi in modo bipartisan. E che in modo bipartisan sta subendo un rallentamento continuo.

C’è o ci sarà sempre qualcosa che sarà più importante per chi ci governa, per chi siede su quegli scranni. E’ un dato di fatto. Ma su quegli scranni ci sono gli italiani che li hanno votati e tra quegli italiani ci sono moltissimi che da quarant’anni stanno cercando una verità. Storica o giudiziaria. Non si può più rimandare, non si può più contorcersi nei riti del Senato per far cadere l’attenzione. Il caso della commissione Orlandi- Gregori è un metro che misura la volontà effettiva di una classe dirigente di rompere con un passato che non ha raccontato, ha intorbidito. Che non ha cercato, ha coperto. Che non ha risolto, ha deviato.  

Emanuela, come i passeggeri morti nel mare di Ustica, come i morti di Bologna, come Moro e la sua scorta, come Calvi e Sindona, come gli ”infiltrati in contesti mafiosi” usati e lasciati morire. Consapevolmente. Con mandanti ed assassini quasi sempre diversi, e mai certi. Con scopi e interessi quasi sempre diversi, e mai indagati a fondo. Unico comun denominatore: la mancanza di una verità condivisa. Che si possa avvicinare a una verità che diventi storia.

Questa commissione parlamentare non è solo una commissione d’inchiesta. E’, e deve essere, la discontinuità con ciò che non è stato fatto troppe volte nella storia d’Italia. Deve essere la prova che lo Stato non ha paura di rispondere alla richiesta di verità e giustizia del proprio popolo. Che non teme di mettere sul tavolo il proprio futuro dissolvendo le nebbie del passato. Non c’è più tempo per passerelle e rassicurazioni. Servono solo fatti e concretezza. Questo deve essere il tempo degli uomini giusti, non delle marionette di un teatro stantio.  

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