Inaugurazione anno giudiziario a Palermo. Cosa Nostra si trasforma e la mafia nigeriana fa paura anche a loro

Ferita gravemente, ma ancora viva. Un ‘virus’, la mafia, che ha avvelenato i pozzi dell’economia e della politica, e che ha fatto persino leva su un virus vero, quello del Covid, per garantire un perfido welfare e recuperare consenso. Dopo la doppia operazione antimafia “Cupola 2.0” del 4 dicembre 2018 e del 22 gennaio 2019, che ha azzerato la nuova commissione provinciale di Cosa nostra, “non vi e’, allo stato, alcuna traccia di un tentativo di ricostituzione; del resto, tenuto conto del duro colpo subito e della decapitazione di tutti i principali mandamenti mafiosi, sarebbe sorprendente il contrario”. Lo scrive nella sua relazione per l’inaugurazione stamane dell’anno giudiziario, il presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, dopo avere compiuto una premessa generale che attiene all’andamento di questo anno giudiziario, spiegano come nel periodo del lockdown, tra il 9 marzo e l’11 maggio scorsi, siano saltati oltre il 91% dei procedimenti civili programmati dalla Corte d’Appello di Palermo e il 97% di quelli previsti in tribunale. Riguardo alla mafia, Frasca ha avvertito circa la necessita’ di tenere alta la guardia, perche’ Cosa nostra “continua a manifestare una elevatissima resilienza e una ostinata volonta’ di riorganizzarsi subito dopo ogni attivita’ cautelare per quanto incisiva e di vaste proporzioni la stessa sia stata”.

IL WELFARE DEI BOSS IN TEMPO DI COVID

La ricerca del consenso e “la funzione sociale” svolta nel territorio di riferimento, resta cruciale per Cosa nostra. Ad aprile 2020, e quindi nel pieno della pandemia da Covid-19, sottolinea il magistrato, e’ emerso che un pregiudicato per reati di criminalita’ comune, fratello di altro pregiudicato per mafia, “si spendeva per la consegna di generi alimentari ad alcuni nuclei familiari indigenti del quartiere Zen di Palermo”. E’ plausibile dunque, per Frasca, “che, sfruttando il momento di crisi economica e sanitaria, egli si sia prodigato, mediante per ricercare un certo grado di consenso sociale”. La recente operazione “Bivio” ha colpito il clan dello Zen che assicurava la distribuzione di cibo.

AL PIZZO NON RINUNCIANO, MA I CLAN TEMONO I RIBELLI

Nonostante “si siano levate delle voci contrarie all’interno di Cosa nostra”, le estorsioni, continuano ad essere la classica attivita’ delle famiglie mafiose”. Le denunce da parte degli imprenditori, vittime di tale reato, “sono poco rilevanti da un punto di vista quantitativo, ma di sicuro impatto da un punto di vista qualitativo; con un importante effetto nell’individuazione delle vittime”. Abbandonata in parte la tradizionale arroganza, “si preferisce evitare gli imprenditori che sembrano piu’ propensi a denunciare. Tale inedito fenomeno ‘difensivo’ e’ evidente sintomo di un senso di insicurezza che attraversa tutti i mandamenti”.

ANTIRACKET A RISCHIO DI INFILTRAZIONI

Particolare attenzione, per Frasca, merita la composizione e la partecipazione alle associazioni antiracket, “che svolgono una funzione meritoria e a volte preziosa”, perche’ la possibilita’ di infiltrazioni mafiose, “assolutamente impensabile un tempo, e’ attualmente possibile. Occorre, pertanto, una ragionevole prudenza da parte delle associazioni e della autorita’ giudiziaria procedente”.

MANI SU APPALTI E POLITICA

Permane la presenza mafiosa nel campo degli appalti e “rimane elevato il rischio di infiltrazioni mafiose in tutti i livelli, siano essi meramente amministrativi che politici, dei Comuni e degli altri enti di piccole e medie dimensioni del territorio qui di interesse”. Emblematici appaiono i casi dei comuni di Torretta e di Misilmeri: dalle intercettazioni e’ emersa “una vera e propria manovra elettorale” da parte dei membri della locale famiglia mafiosa, mediante una propria lista, “finalizzata a infiltrarsi nell’amministrazione comunale suindicata in vista delle elezioni in programma nel 2020”. 

SALDI IL POTERE E GLI AFFARI DI MESSINA DENARO

In provincia di Trapani, il potere mafioso resta “saldamente nelle mani della famiglia Messina Denaro”. L’azione investigativa finalizzata a localizzare Matteo Messina Denaro e a smantellare la rete di protezione “che gli consente tuttora di sfuggire alla cattura e governare il territorio trapanese”, ha prodotto diversi arresti, “anche vicinissimi al contesto relazionale e di complicita’ del latitante. Alcune indagini poi, hanno svelato intrecci e cointeressenze tra il mondo imprenditoriale piu’ vicino a Cosa nostra trapanese e il mondo della politica, con indagini su ex deputati, esponenti politici locali e canditati.

MAFIA NIGERIANA, COSA NOSTRA TRA INCUBO E PAX 

Alta l’attenzione alle mafie di “importazione”, in particolare quella nigeriana. “Si tratta di organizzazioni certamente di tipo mafioso su base etnica – spiega Frasca – con particolare riferimento a quelle nigeriane, radicate in alcuni quartieri storici, dedite soprattutto allo spaccio di stupefacenti e capaci di atti di brutale violenza”. Non risultano espliciti accordi con Cosa nostra, “ma e’ emersa nel corso delle indagini una direttiva da parte di Cosa nostra di ‘trattare bene’ nelle carceri i cittadini nigeriani”. Gli appartenenti alla mafia nigeriana hanno “notevole timore di Cosa nostra e svolgono le loro attivita’ delittuose, solo in danno dei loro connazionali”. Tuttavia, Cosa nostra ha adottato in tempi recenti un atteggiamento prudente. Non risulta, ad esempio, alcun intervento violento “che in altri tempi sarebbe stato ineludibile in un quartiere storico, da sempre dominato dalla mafia, come quello di Ballaro’. E questo potrebbe essere interpretato come un sintomo di debolezza di Cosa nostra, alla quale potrebbe seguire un’espansione in alcuni quartieri storici delle nuove mafie etniche”, con particolare riferimento soprattutto a quella nigeriana.

MIGRANTI, ASSE CRIMINALE TRA TUNISIA E ITALIA

Gli ‘sbarchi fantasma’ saerebbero un “preciso disegno” della criminalita’ organizzata, radicata in Tunisia ma, stavolta, “in stretto contatto con quella italiana”. Per Frasca, non solo e’ possibile ipotizzare la sussistenza, a monte, di un’organizzazione tunisina dedita al favoreggiamento dell’immigrazione, ma si puo’ anche ritenere che “essa abbia iniziato a operare in stretto contatto con i trafficanti libici, cosi’ come dimostrano le rotte intraprese (che spesso prevedono la partenza dalla Libia, il passaggio dalla Tunisia e l’arrivo nelle coste siciliane) e la creazione, in alcune localita’ tunisine, di centri di detenzione che riproducono quelli libici”.

FEMMINICIDI, CORRUZIONE E USURA DA PANDEMIA

Sette femminicidi commessi e 13 tentati, + 44% rispetto all’anno precedente. I dati prendono in esame il periodo compreso tra il primo luglio 2019 e il 30 giugno 2020 nel distretto della Corte di appello di Palermo (che comprende anche Agrigento, Trapani, Termini Imerese, Marsala e Sciacca. Secondo la relazione calano a 50 gli omicidi volontari consumati (- 33%), mentre sono aumentati (+46,81%) i tentati omicidi, 69 nel periodo in esame. Aumentano (+ 7,88%) anche i reati che riguardano la pubblica amministrazione: da 3552 a 3832. Le denunce per corruzione, 75 (erano state 57 nello stesso periodo dell’anno precedente). Salgono anche i dati sull’usura, + 57,55% – per effetto, anche della pandemia: “La ripresa dei prestiti a tassi usurai e’ diretta conseguenza della pandemia che ha messo in crisi l’economia palermitana e chiuso i rubinetti del credito bancario”. 

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