Il vero “vaso di Pandora” è la Calabria. Dove tre magistrati sono stati pedinati, ma a essere indagati sono loro e non chi li ha seguiti

di Beatrice Nencha

Il vero “vaso di Pandora”, se il dottor Luca Palamara lo volesse aprire, non sarebbe quello della Procura di Roma, di cui è stato accuato di voler alterare gli equilibri allo scadere del mandato del procuratore capo Giuseppe Pignatone. E non sarebbe nemmeno quello, più austero e sofisticato, di Palazzo dei Marescialli, dove ha sede il Csm, da lui frequentato per anni come consigliere rispettato e influente.

Palamara

La vera polveriera di veleni, oggi, è la Calabria. In questa bellissima terra, nell’ultimo anno, sono scoppiati scandali ed episodi  che hanno coinvolti vari magistrati, noti e meno noti – dai risvolti inquietanti. Indagini, rimozioni lampo e persino pedinamenti di cui parlano, però, soltanto le cronache locali. In nessun libro, nemmeno nel best-seller firmato Palamara/Sallusti, se ne trova eco. Varrebbe la pena, invece, che tali episodi fossero analizzati con più attenzione dall’organismo di autodisciplina dei magistrati. Non singolarmente ma nel loro complesso. Per quanto ne abbiamo trovato traccia, su fonti aperte, sono ben tre i magistrati che sono stati pedinati in questa Regione.

Otello Lupacchini

L’ultimo a distanza di tempo,  nella primavera del 2018, è stato l’ex procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini. Il magistrato che sgominò la Banda della Magliana, che si occupò della strage di Bologna e dell’omicidio del giudice Mario Amato. Ma anche quello che riuscì a far cadere l’alibi della infermità mentale per un altro calibro da novanta, legato alle organizzazioni criminali più spietate, e con un passato di “sanguinaria militanza camorristica”, attivo in particolare nel traffico di stupefacenti: Michele Senese. Boss della cosiddetta “camorra romana” e immerso, secondo gli inquirenti, in posizione apicale nella scena del narcotraffico romano. Tanto da essere riconosciuto a capo di un clan autoctono, definito “clan Senese”. Per comprenderne la caratura criminale, basta leggere l’ultima inchiesta che lo coinvolge, emersa lo scorso dicembre e firmata dalla Procura di Roma, che ne sottolinea la capacità di impartire ordini, tramite pizzini, e di controllare il territorio anche dal carcere. Ne rievoca il ruolo nell’omicidio di Giuseppe Carlino, avvenuto nel 2001, come i legami attuali con i clan “reggenti” e i boss più pericolosi della capitale, tra cui Fabrizio Piscitelli, assassinato nell’agosto 2019. Della presenza del boss di Afragola nel carcere di Catanzaro, come rappresentato in un dossier dal procuratore Lupacchini al Comitato per l’Ordine e la Sicurezza locale, nessuno inizialmente lo aveva informato. Eppure “Michele O’ Pazz”, stando a quanto riferito al procuratore dall’avvocato Alessandro Capograssi che aveva ricevuto la visita del fratello, poteva avere ancora validi motivi di rancore contro colui che, per primo, lo ha fatto condannare al carcere “vero”  e senza sconti nel 2011.

Ma torniamo al pedinamento del procuratore Lupacchini. Che avvenne per il tramite di una macchina, oggi lo sappiamo dagli atti e dalla cronache locali, la cui targa risultò non censita in banca dati e in seguito appartenente a forze di polizia. Una targa sconosciuta che, anche se riferita a un corpo istituzionale, non archivia la questione. Perché quella macchina della polizia seguiva la scorta del procuratore Lupacchini? La seguiva in funzione di “protezione aggiuntiva”? E, nel caso, su incarico di chi e con quali compiti e istruzioni? Oppure la seguiva per altre motivazioni e quali? A queste domande, che a nostro avviso sono fondamentali anche alla luce degli episodi che vi stiamo per raccontare, non è stata data ancora risposta nel processo a Salerno che vede Lupacchini indagato con le accuse di falso ed errore determinato dall’altrui inganno. E, supponiamo, non è stato aperto alcun fascicolo al Csm. Di fatto, il dottor Lupacchini paga, probabilmente, il suo non essere ospite abituale di salotti televisivi da dove poter chiedere conto di tali spiegazioni. E allora, per questo principio, è probabile che si ritenga normale non fornirle.

Eugenio Facciolla

Ma quello delle ragioni del pedinamento del procuratore generale Lupacchini è un punto fondamentale perché, prima di lui, a venire pedinato fu un altro procuratore della Repubblica, Eugenio Facciolla, rimosso anche lui fulmineamente dal Csm dal distretto di Castrovillari e degradato a giudice civile a Potenza, nonostante le accuse contro di lui non siano ancora state accertate. Ad oggi, il magistrato deve affrontare un processo a Salerno con vari capi di accusa tra cui corruzione e falso riguardo a presunti illeciti nell’affidamento a un’azienda privata del noleggio di apparecchiature per intercettazione. Anche il dottor Facciolla, prima del suo superiore Lupacchini, venne pedinato e anche per lui ci fu un Comitato per l’Ordine e la Sicurezza che prese atto di questo inquietante episodio su cui nessuno, a quanto ci risulta, è andato mai a fondo. Un episodio che però era già noto al procuratore Lupacchini e che rinforzò in lui, probabilmente, la percezione della pericolosità di essere pedinato. Indifferente se fosse, come poi risultò, un’auto istituzionale. Perché a pedinare il magistrato Facciolla risultò essere un suo imputato, all’epoca sotto processo, che a bordo della macchina deteneva un’apparecchiatura radio in grado di intercettare le frequenze della polizia. Per paradosso, a finire indagato in questa vicenda fu il capo della scorta di Facciolla, per non aver fermato loro il pedinante. Che invece fu fatto fermare, su segnalazione della scorta, dalla polizia stradale. In quanto le regole di ingaggio, in situazioni simili, sconsigliano di intervenire direttamente in situazioni che potrebbero mettere a rischio la sicurezza della persona da tutelare. Chi era questo soggetto che  ha pedinato il procuratore Facciolla, perché deteneva questa ricetrasmittente e perché lo stava seguendo? E, soprattutto, lo ha seguito per sua decisione o per conto terzi? Che indagini sono state fatte relativamente a questo episodio di cronaca, di cui non troviamo traccia nella stampa locale on line?

Bruno Tridico

 Infine, protagonista di un ultimo pedinamento, sempre precedente a quello del procuratore Lupacchini, è stato il pm cosentino Bruno Tridico, mentre viaggiava con il maresciallo dei carabinieri Carmine Greco, e che sarebbe stato pedinato e intercettato da Catanzaro a Roma. A raccontare di questo pedinamento, con annesse intercettazioni, è stato direttamente Facciolla, che ne ha ritrovato traccia nel suo fascicolo processuale. E lo ha ricostruito così in Aula: “Un “rapporto”, riferisce Facciolla al giudice, intercettato dal Ros su delega di Catanzaro: “Il dottor Tridico, che presta servizio presso la procura di Cosenza, è stato pedinato dal Ros su delega di Catanzaro, è stato intercettato nel mentre (e in altre diverse occasioni) era presente con Greco, oltre alla telefonata con Greco in quel di Roma, inoltre (su Tridico)  sono state fatte attività (investigative) mirate a verificare il perché, il per come, e con quale macchina era stato prelevato il dottore Tridico”. La trascrizione la troviamo riportata dal giornale on line locale Iacchité, in un articolo del 12 dicembre 2020 intitolato “Catanzaro. Come mai e perché Gratteri ha fatto pedinare il pm Tridico?”. Non sappiamo se il procuratore Nicola Gratteri abbia risposto, tuttavia la cosa strana è che tale fascicolo fosse dentro a quello del procuratore Facciolla, come se non facesse una vicenda da indagare autonomamente.

Tutto quello che sappiamo, oggi, è che tre magistrati pedinati, nel corso di un anno e mezzo in Calabria, sembrano un dato su cui qualcuno, in particolare il Csm, sarebbe chiamato ad accendere i riflettori. Per verificare se questi pedinamenti, o alcuni di loro, siano avvenuti realmente su disposizione di autorità giudiziarie, se tutto sia stato effettuato nelle regole e, da ultimo, se siano avvenuti o meno sotto un’unica regia. Perché se il Csm è stato fulmineo nell’allontanare e mettere sotto procedimento disciplinare i procuratori Lupacchini e Facciolla, ben prima che siano stati giudicati, non può lasciare ombre su vicende così inquietanti solo perché non finiscono in prime time o non diventano materia da best seller. E’ anche nel suo interesse fare chiarezza sul clima pesante che si respira in Calabria. Un clima da “tutti contro tutti”, dove per un magistrato appare difficile anche solo fidarsi del proprio vicino di ufficio. Tre magistrati pedinati non sono, a nostro avviso, una sciocchezza. Tre magistrati pedinati meritano una risposta.

Un pensiero su “Il vero “vaso di Pandora” è la Calabria. Dove tre magistrati sono stati pedinati, ma a essere indagati sono loro e non chi li ha seguiti

  1. OMICIDIO ANTONIO MORRONE TIPOGRAFO DELLA CORTE COSTITUZIONALE MORTO SUL LAVORO. UN PROCEDIMENTO PENALE PILOTATO SEGUENDO IL SISTEMA “PALAMARA”. IL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI DELL’EPOCA ERA IL DOTT. GIUSEPPE GENNARO CHE HA GUIDATO IL SINDACATO DELLE TOGHE DALL’APRILE DEL 2000 AL MARZO DEL 2002.
    I PROCESSI CHE “INTERESSANO” LE CORRENTI DELLA MAGISTRATURA SONO SEMPRE STATI PILOTATI
    (NON LO DICO IO MA LUCA PALAMARA)
    Nonostante le numerose indicazioni fornite dai denuncianti alla Procura, nel senso del diretto collegamento tra l’ambiente di lavoro e la neoplasia, il Pubblico Ministero Dott. Nicola Maiorano, all’esito di scarne e superficiali indagini, richiedeva l’archiviazione del procedimento, ma l’istanza, a seguito di un primo atto di opposizione delle parti offese, veniva respinta, in data 13.3.2000, dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dott. Otello Lupacchinì, il quale, evidenziando l’esiguità delle indagini espletate e sottolineando l’opportunità dì procedere ad una perizia, al fine di acclarare l’origine professionale della malattia, iscriveva nel registro degli indagati il Magistrato Dott. Bronzini e il Dirigente Dott. Giraldi, i quali avevano ricoperto, nel periodo dì tempo in questione, rispettivamente, la qualifica dì Segretario Generale e di Direttore del Servizio Provveditorato della Corte Costituzionale.
    All’esito di nuove indagini, che confermavano esattamente quanto già emerso circa le condizioni in cui erano stati costretti ad operare, per anni, gli operatori del Centro Stampa, la Procura presentava una seconda richiesta dì archiviazione, che, a seguito dì un nuovo atto dì opposizione, veniva respinta con l’ordinanza 14.11.2001 dal Giudice per le Indagini Preliminari il quale, pur dovendo dichiarare la prescrizione del reato dì omicidio colposo – i denuncianti, invero, avevano rìpetutamente prospettato alla Procura il rischio della prescrizione, senza che venisse mai posto ìn essere alcun atto ìnterruttivo – disponeva che ìl Pubblico Ministero formulasse il capo dì imputazione in relazione al reato dì cui all’art. 437 c.p., nella forma aggravata, ravvisandone tutti i presupposti.
    All’udienza preliminare del 12.2.2002 il G.U.P Dott. Claudio Tortora, concludeva nel senso dell’assoluzione, con una pronuncia a dir poco vergognosa che ci negava di veder processati gli imputati.
    Nel 2011 Sonia Alfano, Presidente della Commissione Antimafia europea, scriveva ” esistono magistrati onesti e capaci e magistrati corrotti, collusi, menzogneri o palesemente criminali che infangano il buon nome della magistratura italiana e offendono la dignità dei tanti giudici onesti e ancor più di quelli morti per difendere la nostra libertà.”
    Presidente dell’associazione nazionale magistrati era il dott. Giuseppe Gennaro che ha guidato il sindacato delle toghe dall’aprile del 2000 al marzo del 2002. E’ quel Magistrato che su Silvio Berlusconi dichiarò: “non può andare al governo chi ha un rispetto delle istituzioni così basso da dire che bisogna fare il “bucato” all’interno della magistratura”.
    Un sistema “Palamara” esisteva anche all’epoca: “Identificare soltanto con me (Luca Palamara) i problemi della magistratura italiana è sbagliato. I problemi di cui parliamo oggi sono problemi arroccati, e il sistema è diventato una casta. Tutto è nato quando si decise di mettere la politica nella magistratura”
    ORA MI E’ CHIARO PERCHE’ I MAGISTRATI ONESTI E CAPACI COME OTELLO LUPACCHINI VENGONO “SILURATI” DAL “SISTEMA” MENTRE QUELLI CHE NE FANNO PARTE FANNO CARRIERA.

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