Attacco allo Stato . Dentro alle stragi del ’93. Mai troppo spiegate, non ancora risolte fino in fondo

Intorno alle stragi del 1993 – via dei Georgofili  (27 maggio 893: 5 morti e 48 feriti) , via Palestro (27 lluglio 93, 5 morti e 12 feriti), le bombe a Roma alla basilica di San Giovanni in Laterano e della chiesa di San Giorgio in Velabro, (28 luglio 93, 22 feriti) nonché il mancato eccidio allo stadio olimpico di Roma – nonostante i trent’anni trascorsi e le molte sentenze giunte all’ultimo grado di giudizio, permangono ancora molti misteri e opacità. Tanto che sono tutt’ora in corso inchieste giudiziarie (come quella di Firenze che vede indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri) sui “concorrenti esterni” delle bombe esplose a Roma, Firenze e Milano che causarono 10 morti e decine di feriti.

A ricostruirle nel dettaglio e rievocarne il rilievo è ora un libro di inchiesta “Attacco allo Stato – I misteri delle stragi del ’93 e il Codice Matteo Messina Denaro – di Ferruccio Pinotti, caposervizio Interni al Corriere della Sera e autore di numerosi libri di inchiesta, già consulente della Commissione Antimafia – che scava il filo rosso che lega questi eventi alle morti di Falcone e Borsellino.

Fratelli Graviano

Nella cornice storica e investigativa dell’inchiesta di Pinotti (coadiuvato dal collaboratore Roberto Valtolina) si stagliano con nettezza i protagonisti e gli indiscussi strateghi mafiosi di quei fatti drammatici. Innanzitutto Matteo Messina Denaro, a lungo latitante, simbolo di una mafia in evoluzione (nel gennaio 93 avviene la cattura di Riina) che di lì a poco si trasformerà in “Cosa nuova”, fatta di legami con i “salotti buoni” dell’imprenditoria, di infiltrazioni nel mondo dell’alta finanza, di proiezioni e interessi internazionali. Oltre a lui emergono figure come i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, i boss di Brancaccio. Il primo regista di complesse operazioni finanziarie. Il secondo vero e proprio “gemello diverso” del trapanese Messina Denaro. Tutti e tre irriducibili uomini di fiducia del boss Totò Riina. E depositari di indicibili segreti, ancora oggi nella loro disponibilità a fini di ricatto.

Attraverso lo studio delle carte processuali ed interviste esclusive a magistrati, collaboratori di giustizia e “pentiti” di mafia (tra cui Salvatore Baiardo) l’inchiesta svela i segreti di quelle che Luciano Violante definì le “Bombe del dialogo”: stragi tese a colpire in primis il patrimonio artistico (ma purtroppo anche le persone) e a lanciare allo Stato un messaggio forte e chiaro: con la mafia si convive, da essa non si può prescindere in tutte le aree che contano, dalla politica agli affari e alla finanza. L’alternativa è il sovvertimento dello Stato, che in quel momento Cosa Nostra era pronta a compiere.

Dietro alle stragi del ’93, che segnano un “salto di livello” rispetto quelle del ’92 che uccisero Falcone e Borsellino, ci sono – secondo i magistrati – dei “mandanti occulti” o quanto meno dei “concorrenti esterni”: chi sono, da quali interessi erano mossi? Il libro di Pinotti ricostruisce pezzo per pezzo questo dedicato musaico: la foto che ne emerge desta inquietudine e paura, per i riverberi che getta anche sul presente. Molte dinamiche oscure delle stragi del ’93 vengono illuminate da un lavoro minuzioso che illustra per esse un disegno unitario e coerente, frutto di quelle “menti raffinatissime” di cui già parlava Falcone.

Ferruccio Pinotti con questa inchiesta restituisce il vivido affresco di un periodo storico e di una torbida vicenda criminale, soffermandosi sui rapporti che Cosa nostra intrattiene con entità “esterne” al suo perimetro e riportando i racconti e le testimonianze inedite di chi ha provato a fermare quei mafiosi, di chi ne è rimasto vittima, di chi si impegna tuttora a rintracciare i colpevoli.

Come scrive Nino Di Matteo nella quarta di copertina, “La ricerca della verità su quella stagione non deve essere cinicamente abbandonata e le ricorrenze commemorative non devono ridursi al solo fatto emozionale. Il Paese non deve aver paura di confrontarsi con una verità scomoda, idonea a mettere in discussione una storia più convenzionale e più rassicurante.”

Ferruccio Pinotti è Caposervizio Interni/Grandi-Cronache al Corriere della Sera ed è autore di numeri libri di inchiesta tra cui ricordiamo: Poteri forti (Rizzoli 2005), Opus Dei segreta (Rizzoli, 2006), Fratelli d’Italia (Rizzoli, 2007), Olocausto bianco, (Rizzoli, 2008), La società del sapere (Rizzoli, 2008), Colletti Sporchi (con Luca Tescaroli, Rizzoli 2008), L’unto del signore (con Udo Gümpel, Rizzoli, 2009), La lobby di Dio. Fede, affari e politica. La prima inchiesta su Comunione e liberazione e la Compagnia delle opere (Chiarelettere, 2010), Non voglio il silenzio – Il romanzo delle stragi, (con Patrick Fogli, Piemme, 2011), Potere Massonico (Chiarelettere, 2021). E’ stato consulente della Commissione Antimafia.

Un pensiero su “Attacco allo Stato . Dentro alle stragi del ’93. Mai troppo spiegate, non ancora risolte fino in fondo

  1. E palese che le straGi sono state commissionate da politici nazionali d8 alto livello.
    Nn capisco come i mafiosi nn hanno capito che facendo queste stragi in un mese sarebbero scomparsi con leggi dure….
    Di fatti chi li a commissionati ha preso due piccioni con una fava, si e tolto dai coglioni giudici pericolosi e mafiosi che volevano comandare

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