Come i Casamonica si sono presi Roma

di Beatrice Nencha

Tra fiumi di coca, estorsioni, strozzinaggio, il prestigio criminale dell’associazione si è cementato grazie ai rapporti con la Camorra e la Ndranghetra. Dagli esordi del patriarca Vittorio con Nicoletti ai legami con Carminati e Senese del “Mondo di Mezzo”

“Il popolo deve avere paura quando sente il cognome dei Casamonica”. “Siamo sei milioni e sei milioni di persone a noi ci conoscono”. “Andò stiamo noi, nessuno viene a rompe il cazzo”. Sono alcuni dei “comandamenti” – finiti agli atti dell’ordinanza “Gramigna bis” della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Roma, che lo scorso 16 aprile ha portato all’arresto di 23 esponenti delle famiglie Casamonica, Spada e Di Silvio, tra cui 9 donne, e alla confisca di immobili, società, soldi e preziosi  – che testimoniano, secondo la Procura, la capillarità dell’associazione e il prestigio criminale assunto dalla famiglia “Romanì” (Sinti e Rom stanziali) nella capitale. Grazie anche ad una strategica politica di alleanze, sempre più cementate,  con altre organizzazioni criminali già radicate sul territorio romano e nazionale. Nelle quasi 600 pagine dell’ordinanza si ripercorrono gli esordi criminali della famiglia: dalla prossimità del patriarca Vittorio con quello che viene considerato il “cassiere” della Banda della Magliana Enrico Nicoletti, fino alle sinergie odierne con la camorra e soprattutto la ‘ndrangheta dei Piromalli, dei Nirta e degli Strangio.

villagiuseppecasamonica2[109]Ma si delineano anche i rapporti (che appaiono tuttavia episodici) con “l’ottavo re di Roma” Massimo Carminati e il legame, stretto nel 2010 dentro al carcere di Livorno, tra Massimiliano Casamonica e il boss di camorra Michele Senese. Una fitta rete di relazioni  – ricostruita anche dalla testimone di giustizia Debora Cerreoni (ex compagna di Massimiliano Casamonica da cui ha avuto tre figli) e riscontrata dal collaboratore Massimiliano Fazzari, affiliato alle ndrine calabresi – utile al “pedigree” dell’organizzazione per accrescerne il prestigio all’esterno e facilitare l’approvvigionamento di sostanze stupefacenti, soprattutto  cocaina.  Un business che garantisce un flusso enorme di denaro al clan,  esibito dai suoi componenti tramite l’ostentazione di un lusso sfrenato,  e i cui proventi vengono reinvestiti prevalentemente in attività di usura, riciclaggio, intestazioni fittizie dei beni ed estorsioni col classico metodo Casamonica (ben delineato nella precedente ordinanza “Gramigma”, che a luglio 2018 portò in carcere 37 presunti affiliati) del “prestito a capitale fermo”. Una tipologia di usura che rende il creditore schiavo per un tempo indeterminato e che può portare a esigere dalle vittime interessi pari al 2.400% del debito iniziale, anche su microprestiti da poche centinaia di euro. “Questa è la tecnica e, credetemi, non è possibile uscirne vivi!” dichiara ai pm Christian Barcaccia, uno degli imprenditori vittima da anni di intimidazioni ed estorsioni, da parte di più Casamonica, dentro la sua azienda di lampadari e complementi di arredo a Ciampino.

La strategicità delle alleanze con le altre consorterie criminali “storiche” per accrescere il proprio prestigio sul territorio

Uno “strettissimo rapporto di confidenza” esiste, secondo gli inquirenti, tra Guerrino Casamonica, detto “Chicco”, figlio del capoclan Giuseppe, e  Domenico Strangio. Il giovane,“soggetto appartenente all’omonima cosca Strangio detta “Barbari” di San Luca (RC) attiva nel traffico di stupefacenti e di armi”, fa trapelare in una conversazione telefonica del 19 febbraio 2016, oltre ad una pregressa conoscenza col suo interlocutore, di portargli grande “rispetto”. Tanto da proporre al Casamonica un consistente sconto per l’acquisto di una partita di cocaina, al prezzo di 43mila euro al chilo e con un grado di purezza intorno all’86/87%, a fronte dell’affidabilità della sua organizzazione: “Me la paghi a me a quarantatre, se eri un altro, lo sai, pure a quarantacinque, quarantotto, ma non te lo dico a te”.  E sempre per restare alla “connection” calabrese, Fazzari ha evidenziato ai magistrati Musarò e Prestipino anche “i rapporti tra Casamonica Luciano, Casamonica Consiglio detto Simone e i Nirta, appartenenti all’omonima famiglia di ‘ndrangheta di San Luca (Rc)” e storicamente vicina agli Strangio.

villagiuseppecasamonica3[110]Mentre dal processo sul cosiddetto “Mondo di Mezzo”- capeggiato, secondo la sentenza di Appello, da Salvatore Buzzi e Massimo Carminati – è già emerso il “rapporto stretto” tra Luciano Casamonica e il Nero, concretizzatosi in due episodi in particolare: l’ampliamento e la gestione del campo nomadi di Castel Romano e le minacce ricevute da una collega di un avvocato da parte di membri della famiglia Casamonica. In quest’ultima vicenda, accaduta a marzo 2014 poco prima degli arresti, l’avvocato C. si recava al distributore Eni di Corso Francia per chiedere a Carminati di intercedere con i Casamonica in favore della sua collega. L’ex estremista nero, si legge negli atti, “immediatamente si dichiarava disponibile affermando che ne avrebbe potuto parlare con Luciano: “Mi informo domani, io conosco bene Luciano”. Emblematico il giudizio del Cecato, intercettato dalle microspie del Ros: “Il Casamonica non è in giro, capito come? .. cento famiglie, uno più stronzo de n’altro..”. Anche se poi si mostra fiducioso di poter risolvere il problema grazie alla leadership riconosciuta da tutta la comunità rom del boss Luciano Casamonica.

E a testimoniare che la “fama” dei Casamonica  ha ormai valicato i confini del Centro sud, c’è l’ulteriore testimonianza diretta di Roberto Furuli, che ne parla ai pm nell’interrogatorio del 27 settembre 2017: “Io da sempre gravito in ambienti di ‘ndrangheta e ribadisco che già da quando ero in Calabria sapevo che i Casamonica comandavano a Roma così come i Lamari a Laureana, o i Bellocco a Rosarno.. mi risulta che abbiano rapporti anche con importanti famiglie di ‘ndrangheta tra cui i Piromalli di Gioia Tauro.. per quel che mi risulta i rapporti tra i Casamonica e i Piromalli riguardavano gli stupefacenti”.

Come ha scritto il pubblico ministero nell’ordinanza che contesta l’aggravante del metodo mafioso a sette degli indagati, tra cui per la prima volta anche una donna accusata di essere la “reggente” delle attività illecite del suo nucleo famigliare, “I Casamonica non chiedono favori ad amici ma impongono doveri alle vittime”. Una di queste, sul suo profilo Facebook, scrive: “Abbasso la testa soltanto per vedere dove metto i piedi.. per non calpestare la mia dignità”.

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